Museo Civico "Carlo Verri" Biassono
Memorie del Parco nel bicentenario della nascita

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PRIMA DEL PARCO
Dal catasto "Teresiano"

Il territorio biassonese nel '700, a differenza di quelli più a Sud, di Vedano e di Monza, era caratterizzato da una minor presenza abitativa e da coltivazioni meno intensive a causa delle caratteristiche del terreno. Predominavano i campi arativi semplici o con viti, con pochi filari di gelsi. Erano notevoli i boschi forti (da taglio o da cima) con roveri, che superavano le 500 pertiche. Il toponimo di Santa Maria delle Selve è eloquente e forse è il ricordo della misteriosa selva dei Gavanti, che si estendeva da Biassono al Lambro.

Questa selva è menzionata anche nella "Grande Illustrazione del Lombardo-Veneto" curata da Cesare Cantù (1857):
"Antica rinomanza ha questo luogo e diceasi selva dei Gavanti, girando 5 miglia, e nel centro aveva una cappella della Madonna del Soccorso, ove il 15 agosto festeggiavasi con fiera frequentata e balli fin a notte, che gli acquistaron il nome Bosco Bello. Venuti gli Spagnuoli, spenta l'industria, fu soggiorno di streghe, e narravano che la matta Tapina si recasse di notte a Monza col carro matto ad atterrir la gente".

Una descrizione un po' troppo fantasiosa, degna di un romanzo storico ottocentesco e forse tratta proprio da uno di questi. Infatti ne "La strega di Monza", G. Bertoldi da Vicenza, nel 1861, ne dà questa descrizione:
"Antica è questa selva. Fin dal secolo XIV n'eran possessori i Gavanti, nobilissima famiglia monzese. Estendevasi la medesima da mezzogiorno a levante per la lunghezza di circa due miglia, e per cinque di circuito. Nel progresso dei tempi passò in proprietà dei claustrali di S. Maria delle Selve, e quindi divenne sacra alle popolazioni dei circostanti paesi, dacché gli operai del Convegno Monzese [Convenjo di San Bernardo del terzo ordine degli Umiliati di Monza], vi eressero nel mezzo un tempietto, dedicandolo a Nostra Signora del Soccorso, in riconoscenza della prosperità del commercio delle lane, che tanto allora fioriva sulle rive del Lambro".

La mappa sotto è ricavata dal catasto cosiddetto di Maria Teresa [ASM Mxzappe Carlo VI d'Asburgo: cart.3439 (Monza), 3444 (Vedano), 3428 (Biassono) e 3118 (S.Fiorano)] ed è stata elaborata da quella, frutto dello studio compiuto da Gabriella Bassi e Nicola Nasini, in "Il Parco di Monza: analisi storica e ipotesi di intervento". Politecnico di Milano, facoltà di Architettura. A.A.1986-1987.


I colori indicano lo stato delle coltivazioni descritte dai sommarioni del catasto: principalmente quelle colorate in giallo indicano gli arativi semplici; quelle in colore più scuro, bruno, gli arativi con viti e gelsi (moroni); quelle in verde scuro i boschi; quelle in verde chiaro i prati, che sono soprattutto situati attorno le rive del Lambro.
Sulla mappa abbiamo tracciato il confine di Biassono (in rosso) e quelli del futuro Parco (in nero).
Si può notare come il terreno di Biassono si estendeva molto a Sud, sino alle spalle della Villa Mirabello, allora dei Conti Durini, feudatari di Monza.
In questo territorio si notano solo due insediamenti, nei pressi del Lambro: la cascina Monzina e il mulino San Giorgio.


Particolare del foglio del catasto teresiano con la cascina Monzina, nel territorio di Biassono

Molini di San Giorgio, sempre nel territorio di Biassono

La cascina venne abbattuta nei primi anni dell'800 mentre il mulino, completamente ristrutturato nell'800, esiste ancora oggi.


Fotografia del molino San Giorgio nell'800


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