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Notizie Storiche
Il Mulino, definito da sempre "della Folletta",
è ubicato nei pressi di un'ansa del fiume Lambro dove risultò
più agevole la derivazione delle acque in una roggia per
alimentare le ruote del mulino.
Le origini dell'edificio si perdono nel tempo, certa è la
sua esistenza attorno al 1615. Nel 1722 le carte del Catasto Teresiano
documentano una casa con molino e sito di casa ad uso di molino
di due ruote del marchese Francesco Gerolamo Cravena.
Alla metà dell'Ottocento il "Prospetto degli utenti
del Fiume Lambro" cita un "Molino detto Folletta inferiore",
di proprietà dei fratelli Ripamonti di Monza, con due ruote
in legno e tre macine, e un "Molino detto Folletta superiore"
di Domenico Pioltello, con due ruote in legno e due macine.
Il catasto Lombardo-Veneto, redatto dopo la seconda metà
dell'Ottocento, testimonia ancora l'esistenza di tre mulini da grano
ad acqua con casa degli eredi Vigano, di Madalena Osculati vedova
Caronno, di Carlo Caimi e Angelo Ripamonti. Nel 1874 Domenico Pioltello
acquista il mulino, oramai utilizzato solo per la macinazione del
grano, che passa al figlio Luigi nel 1906.
Durante la seconda guerra mondiale le due ruote in legno vengono
smantellate, ma l'attività produttiva prosegue ininterrotta
fino agli anni Settanta del XX secolo grazie all'utilizzo dell'energia
elettrica. Nel 1991 la proprietà dell'edificio passa a Guido
Colombo. |
Descrizione
Mulino da grano ad acqua fino
a metà del Novecento, folla in tempi più antichi,
questo edificio conserva ancor oggi le strutture interne per la
macinazione del grano: un palmeto, il buratto, il
forno e la stadera. Da più di mezzo secolo
ha perso le due ruote idrauliche.
L'edificio, a due piani, ha pianta a L ed è collegato ad
altri rustici, originariamente destinati a stalla, legnaia e cucina
al piano terra, fienile ed abitazione al piano superiore.
Il mulino, composto da tre locali di forma rettangolare, è
stato ampliato in epoche successive fino ad assumere l'attuale pianta.
Attualmente il mulino, il cui edificio è stato parzialmente
ristrutturato, si trova in buono stato di conservazione. Il suo
impianto molitorio, integro nelle parti originali e ancora funzionante,
viene reso accessibile su appuntamento dall'attuale proprietario
per illustrare l'attività a scopo didattico.
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Interno
del mulino
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Intervista al Sig. Guido Colombo proprietario del mulino Folletta a Biassono
Sono nato nel 1933 e, da ragazzo durante le scuole medie, ho lavorato
con gli zii al mulino che era molto antico ed era stato acquistato dal
nonno il 1 agosto 1874. Si lavorava esclusivamente granoturco e segale.
I miei parenti partivano da casa alle quattro del mattino con il carro,
che serviva per caricare i sacchi del cliente. Per questo venivano chiamati
" saccarol".
I sacchi potevano anche raggiungere pesi considerevoli fino a 50/60
Kg. Alla sera gli zii tornavano carichi al mulino e il giorno successivo,
dopo aver macinato con l'aiuto anche delle donne, riportavano la farina
ai clienti.
L'uso dell'acqua era gratuito fino al 1935, poi fu istituito un canone
annuo fino agli anni Sessanta, quando tutti i mugnai rinunciarono all'uso
dell'acqua, utilizzando attrezzature elettriche perché erano
più convenienti e il Genio Civile fece distruggere le ruote.
Il mulino ha funzionato fino al 1974 e nel 1976 con le due alluvioni
del 13 e del 31 ottobre, a causa del fango che le avevano deteriorate,
abbiamo dovuto eliminare due delle vecchie macine. Ora sono rimaste
le due macine a movimento elettrico ed è rimasta anche la semolatrice
detta "marsigliese", che serviva per produrre la farina da
polenta.
La prima farina della lavorazione che è molto sottile si chiama
" macinasat" e veniva usata dai contadini insieme alla
segale per fare il "pane giallo": era il pane che veniva cotto
in casa e durava 8-10 giorni. Vicino al mulino, c'era una cucina grande
che fungeva da osteria dove si mangiava pane e salame, ma anche polli,
anatre e arrosti. Qualche pasticciere ci chiedeva il famoso "gras
de rost" perché era molto utile per fare dolci con un particolare
sapore.
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