Museo Civico "Carlo Verri" Biassono
Il pane: ieri e oggi

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IL MULINO


Il mulino ad acqua

Mulino a cavalli
Schema di un mulino
Il mulino ad acqua era già noto ai romani e in Grecia ma fu poco usato, preferendogli il più pratico mulino mosso dalla forza animale o umana: c'era abbondanza di schiavi, cittadini poveri e delinquenti condannati.
Un mulino azionato da due schiavi poteva produrre 4 Kg all'ora, ma già allora un mulino con ruota idraulica da 2 m. poteva produrne 180 kg.
L'espansione del mulino ad acqua avviene nel corso del Medioevo e la sua fortuna finì solamente nel corso dell'ultimo secolo quando divenne più conveniente l'uso delle macchine a vapore prima e dei motori elettrici più tardi.

I mulini sorgono sulle rive dei fiumi, nei punti dove esiste un certo dislivello d'acqua. A monte del mulino uno sbarramento artificiale convoglia e regola il livello dell'acqua del fiume in un canale artificiale, detto gora, che porta l'acqua alla ruota a pale. Per avviare il moto e per regolare la velocità della ruota si agisce sulla saracinesca della chiusa, che aumenta o riduce il flusso d'acqua.
Le ruote sul Lambro erano normalmente alimentate da sotto in quanto sfruttavano piccoli salti d'acqua.
La ruota era fissata a un albero o asse che portava il movimento rotatorio ad un sistema più o meno complesso di ingranaggi o ruote dentate che trasferiva il movimento sia rotatorio che alternato alle varie macchine.
I mulini alimentavano le macine da grano, i frantoi per semi da olio e le pompe idrauliche per i torchi, seghe per tronchi, magli per forgiare il ferro, filatoi, eccetera.

... nel mulino


 

Palmenti ad Occhiate
Il mulino a palmenti

E' la "macina per grano " per eccellenza ed è costituito da due mole di pietra, orizzontali e sovrapposte, di cui una è fissa, detta giacente o dormiente, mentre l'altra, girante o corrente, ruota intorno al suo asse centrale.
Il materiale da macinare, introdotto dalla tramoggia al centro della mola superiore, è costretto a passare nello spazio fra le due mole, in cui viene macinato per pressione e per sfregamento, e si scarica alla periferia. Regolando la distanza delle mole, si ottiene un diverso grado di finezza del macinato.
Per ottenere una miglior macinazione, si fa compiere al materiale un più lungo percorso munendo le superfici affacciate delle mole di scanalature opportunamente profilate.


Il materiale delle macine




La martellinatura
 
La pietra per macinare è detta in latino mola, da cui molendinum, molino o mulino.
Le macine sono confezionate con pietre aventi speciali requisiti di durezza e in Lombardia si impiegavano le "puddinghe", pietre conglomerate sedimentarie come il "ceppo" della valle del Lambro.
Le migliori pietre erano quelle estratte a Montorfano, Sirone e Inverigo.
Le mole costruite in un sol pezzo presentavano dei difetti perchè era impossibile che tutta la superficie fosse senza punti difettosi.
Fin dalla fine del '700 si costruirono le macine unendo molti blocchi o conci di pietra selezionata e omogenea, trattenuti da cerchiature di ferro.

La superficie macinante delle mole doveva essere sempre mantenuta "affilata" e periodicamente era necessario ravvivare il filo dei solchi.
L'operazione si chiamava "rabbigliatura" o "martellinatura" e si eseguiva manualmente impiegando degli attrezzi appositi come il piccone a doppia punta, la martellina e la mazzuola a punta di diamante.

Indicazioni delle principali cave di pietra da macina dell'Italia Superiore


Il mugnaio
 

Trasporto dei sacchi di grano

Il lavoro del mugnaio iniziava con la raccolta dei grani da macinare: col suo carro si recava nelle cascine e dopo la consueta trattativa sulla resa del macinato pesava i sacchi di grano che avrebbe reso di lì a poco tempo, a volte il giorno dopo, trasformato in farina.


La pesatura dei sacchi di grano





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