Museo Civico "Carlo Verri" Biassono
Il ripostiglio di Biassono 1975
Tre secoli di imperatori romani a Biassono
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LA MONETA IMPERIALE ROMANA

L'idea di moneta, intesa come bene di scambio, è antica quasi quanto l'uomo che ce ne ha lasciato tracce anche negli strati più profondi indagati dalla ricerca archeologica.
Il baratto, che ha avuto un larghissimo impiego protrattosi dal neolitico sino ai giorni nostri, usava come moneta gli oggetti stessi dello scambio. In particolare veniva usata la moneta-bestiame e tutto era valutato e pagato in capi di bestiame. Oppure, usava la moneta-materia prima, in forma di metallo grezzo in pani, successivamente impiegato per la costruzione di utensili e che si trasformarono in moneta-utensile.
Di queste monete-utensile conosciamo, tra le altre, lo spiedo in bronzo dal cui nome OBELUS deriva la parola "Obolo" cosi come da PECUS (bestiame) ci vengono le parole "Pecunia", "Peculio" e "Peculato".

La nascita della moneta, costituita da un tondello di metallo di lega e peso prefissati al quale viene assegnato e riconosciuto un preciso valore garantito da un sigillo impresso da un'autorità, è avvenuta probabilmente nell'ultimo quarto del VII sec. a.C., in Asia Minore, nel regno della Lidia. Con incredibile rapidità, in pochi decenni, la moneta si diffuse su vasti territori. Già nel VI sec. a.C. iniziarono le emissioni di bellissime monete d'argento in Magna Grecia, dove l'arte degli scultori che modellarono e incisero i conii raggiunse altissimi livelli.

Roma, che già era una tra le grandi potenze dell'area del Mediterraneo, non conosceva o meglio non sentiva la necessità di una moneta propria e nei suoi scambi continuava ad usare il baratto, la moneta-bestiame o la moneta-materia prima.

Gli scambi avvenivano per mezzo dell'AES RUDE (rame grezzo) il cui valore era determinabile solo dal peso. L'evoluzione del lingotto eneo sul quale vennero posti dei segni o figure fu l'AES SIGNATUM sempre scambiato a peso.
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Aes Grave - immagine in scala 1:2

La prima vera moneta che Roma emise fu l'AES GRAVE, fuso in bronzo e non coniato, una moneta assai rozza ed estrernamente pesante, paragonabile ai pani di rame pre-monetali, ma con tutte le caratteristiche necessarie: metallo di lega ben determinata, peso esatto per ogni nominale, portava i contrassegni dello Stato che la garantiva e dei segni di valore che ne rendevano superflua la pesatura.
Questa prima moneta, del peso di una Libbra, fece la sua comparsa a Roma quasi tre secoli dopo quelle battute in Magna Grecia ed era corredata da multipli e sottomultipli che costituivano un primo sistema monetario.

Ben presto il peso dell'Asse subì forti riduzioni, conservando il suo valore nominale e dando inizio alla svalutazione, mezzo da allora sempre usato, servito a Roma come ad ogni altro Stato o regime per pagare i propri debiti. Dal suo primo apparire all anno 89 a.C. l'Asse passò, di riforma in riforma, dal peso di circa 327 grammi (AS LIBRALE) a quello di 13,62 grammi (AS SEMIUNCIALE).
La prima riforma introdusse definitivamente l'uso, come unità ponderale, della Libbra Romana di 327,45 grammi. L'Asse venne ridotto al peso di mezza libbra e la serie, che aveva i nominali minori coniati, fu detta SEMILIBRALE.
Il sistema ponderale basato sulla Libbra Romana venne poi sempre impiegato da Roma per le successive emissioni monetarie.

I contatti e la necessità di commerciare con le genti dell'Italia Meridionale indussero Roma a coniare delle nuove monete molto simili, anche nei pesi, a quelle delle città che venivano conquistate e federate.
Queste monete sono dette romano-campane e, oltre che in bronzo, furono coniate per la prima volta in argento e oro.

Plinio nella sua Naturalis Historia scrive che "Il popolo Romano non fece uso neppure di monete d'argento fino a dopo la vittoria su Pirro". Questa battaglia avvenne a Benevento nel 275 a.C. ed è probabile che dopo questa data vennero coniate dramme e didramme argentee che recavano un'effigie giovanile bifronte ed al rovescio Giove in quadriga; queste monete furono chiamate "quadrigati" ed erano, contrariamente alle precedenti, di peso basato sul sistema romano.
La più significativa e diffusa moneta argentea coniata a Roma fu il Denario, del valore iniziale di dieci Assi, con le sue frazioni.

Con il Denario, o forse poco dopo, vennero anche coniate tre monete d'oro del valore di 60, 40 e 20 Unità. Non appare chiaro se il valore fosse indicato in Assi oppure in Sesterzii; nel primo caso il rapporto oro-argento si colloca a 8:1, nel secondo, più realisticamente, a 20:1.

Dalla seconda metà del II sec. a.C. iniziarono ad apparire sulle monete scene ed aspetti di vita e storia romana, raffigurazioni di divinità, culti, sacrifici, trionfi, monumenti, personaggi mitici sempre legati alla famiglia del magistrato monetiere.
La prima volta che su una moneta romana appare l'immagine di un vivente è con Cesare che fece coniare un Denario con il proprio ritratto.

Il suo esempio venne poi seguito da tutti quanti si contesero il potere dopo la sua uccisione.

Con Ottaviano, che rimase il solo padrone dell'impero, terminava la repubblica e si trasformava anche la moneta. Ed è quì che cominciano le monete che vedete in mostra.

Iniziava così la serie imperiale la cui tipologia è accentrata solo sull'esaltazione e sulla commemorazione della figura dell'Imperatore o dei suoi familiari.
Augusto avviava una grande riforma monetaria e divideva il controllo delle emissioni tra il Senato, per la moneta bronzea, e l'Imperatore per le coniazioni d'oro e d'argento.

Il controllo del Senato, che restò forse solo formale, viene indicato dalle lettere SC (Senatus consulto = per decreto del Senato) impresse sul rovescio delle monete di bronzo.

Nella monetazione imperiale romana al diritto figura costantemente il ritratto dell'Imperatore con il suo nome ed i suoi titoli, e se a volte si ritrovano le effigi di altri membri della famiglia imperiale ciò avviene solo per concessione e le monete sono sempre coniate dall'Imperatore.

Il diritto delle monete ci fornisce la galleria completa dei ritratti degli Imperatori, con fisionomie reali e somiglianti almeno sino al III sec. d.C.

I rovesci invece presentano una grande varietà di soggetti e tipi attinenti alla Religione con Dei, Semidei ed Eroi, alle Personificazioni Allegoriche ed alla vita imperiale, civile e militare di Roma.

Le monete enee sono rappresentate dal Sesterzio del valore di 4 Assi e dal Dupondio di 2 Assi, ambedue coniate in oricalco mentre in rame erano l'Asse ed il Quadrante del valore di 1/4 di Asse.

Il Denario argenteo continuò ad essere coniato in metallo purissimo ed al peso di 1/84 di Libbra (3,90 grammi) sino a che Nerone (51-68 d.C.) decretò una sua riduzione portandolo a 1/96 (gr. 3,41) ed abbassandone il titolo.
Con Settimio Severo il titolo è ormai sceso a 400/1000.

Caracalla (211-217 d.C.) creò il Doppio Denario o Antoniniano pesante poco più di 5 gr. ma a titolo di 200/1000 (di questi ne sono esposti cinque).

L'argento finirà con lo scomparire del tutto pochi decenni dopo per ritornare con la riforma di Diocleziano, nel 294 d.C., nel nuovo Argenteus del peso di 1/96 di Libbra; il peso era come il Denario di Nerone, ma valeva 100 denari.
Costantino nel 312 d.C. diede inizio ad una nuova riforma creando una nuova moneta d'oro, il Solido e le sue frazioni. Queste monete ed in particolare il Tremisse ebbero un grande successo e dal VI sec. d.C. divennero le monete preferite dai barbari dominatori; il Tremisse venne coniato in Italia sino a Carlo Magno.


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