Museo Civico "Carlo Verri" Biassono
Le Cinque Giornate di Milano: dalla "Sommissione" all'Unità

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LE CINQUE GIORNATE DI MILANO

LA PRIMA GIORNATA: 18 MARZO 1848

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Le cinque giornate di Milano.
Una gran folla di milanesi, seguendo un piano preciso, si riunì davanti al Palazzo del Municipio chiedendo al Podestà Gabrio Casati di chiedere il passaggio del governo alla municipalità con l’abolizione della polizia e l’istituzione della Guardia Civica.

Proclamiamo unanimi e pacifici, ma con irresistibile volere che il nostro paese intende di essere italiano, e che si sente maturo a libere istituzioni.

Il corteo giunse sino al palazzo del Governo dove i soldati di guardia spararono sulla folla. Quello sparo fu la scintilla, i due granatieri ungheresi di guardia furono sopraffatti, disarmati altri soldati, il palazzo invaso. Costrinsero poi il vice governatore O’Donnel, rimasto solo, a firmare tre decreti in cui autorizzava la formazione della guardia civica, il passaggio del governo al Municipio e la restituzione delle armi della polizia alla municipalità.
Nel frattempo il feldmaresciallo Radetzky fece intervenire le truppe e dichiarò nulli i decreti. Nelle piazze si innalzavano intanto le prime barricate e le campane suonate a martello chiamavano alla lotta.
Gli austriaci intanto avevano occupato il Duomo, l’Arcivescovado e il Palazzo Reale. I milanesi reagirono costruendo ovunque barricate con qualsiasi cosa trovassero: carrozze, carri, mobili. Per armarsi presero d’assalto i negozi degli armaioli, le collezioni private e i musei. Ogni arnese atto a offendere comparve nelle mani degli esasperati milanesi. Verso sera i soldati riuscirono a riprendere il Palazzo del Municipio facendo prigionieri circa duecento italiani, tra cui il figlio del Manzoni, Filippo. Più tardi gli austriaci a causa dell’impeto dei milanesi si ritirarono nel Castello Sforzesco.




LA SECONDA GIORNATA: 19 MARZO

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Raffigurazione dell'insurrezione.
Al risveglio la città si presentava completamente bloccata da barricate. Alcune fatte con le lastre di granito tolte dai marciapiedi, un’altra, al Cordusio, interamente costituita da libri bollettari presi all’Ufficio del Bollo, altre con casse riempite di ciottoli, altre con le carrozze e le diligenze. In piazza della Scala la barricata fu fatta con le sedie del teatro.
A Porta Tosa furono sistemate le famose barricate mobili costruite con grandi rotoli di fascine che venivano fatte avanzare facendole rotolare.
Tutte la strade erano bloccate tanto da impedire il passaggio della cavalleria.
Intanto iniziarono a comparire armi, molte introdotte prima dello scoppio dell’insurrezione e altre trovate nelle case, nei musei e nei negozi di armaiolo. Non più di 500 fucili. Molte poi erano quelle conquistate al nemico disarmandolo. In ogni casa si fece provvista di tegole, ciottoli cavati dalle strade selciate, e ogni altra cosa atta a essere gettata dalle finestre sui soldati.In tutta la giornata gli scontri furono furibondi, con episodi di eroismo da una parte e di ferocia dall’altra. L’incendio dell’insurrezione era dilagato in ogni quartiere della città.


“CITTADINI! La vittoria è sicura – due cannoni presi a piazza de’ Mercanti e a porta Ticinese. Il nemico in fuga a Porta Orientale, a Borgo Monforte e a Porta Nuova. Como è armata, Crema parimenti, Bergamo marcia a nostro soccorso. A Magenta vi sono i Piemontesi. Gli amici aumentano per ogni parte, introduceteli in città e avrete armi e munizioni. Il nostro quartiere generale è organizzato, la Guardia Nazionale in attività. Continuate a suonare a stormo”



LA TERZA GIORNATA: 20 MARZO


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Cattaneo.


Di buon mattino tutti le truppe imperiali abbandonarono il centro di Milano lasciando liberi il Duomo, il Palazzo Reale, il Broletto e il Palazzo della Polizia per rifugiarsi nel Castello Sforzesco. Poco dopo sventolarono i vessilli tricolore sulla guglia della Madonnina. Si era intanto costituito il Comitato di Guerra formato Carlo Cattaneo, Enrico Cernuschi, Giulio Terzaghi e Giorgio Clerici. Nella mattinata si presentò il maggiore Ettinhausen, forse catturato o forse inviato da Radetzky, con una proposta di armistizio. In un primo momento il Podestà Casati propose di accettarlo ma il Comitato di Guerra guidato da Carlo Cattaneo lo respinse.
Quello stesso giorno Radetzky inviò una lettera ai consoli stranieri chiedendo loro di farsi mediatori in favore di una tregua di tre giorni.









LA QUARTA GIORNATA: 21 MARZO


La situazione era decisamente favorevole agli insorti e ci furono due tentativi di richiesta di una tregua.  Anche consoli stranieri presentarono una loro richiesta di sospensione delle ostilità che fu respinta.

La pugna va crescendo. I nostri cittadini combattono da veterani con le armi, e colla più fina arte strategica s’impossessano dei posti non ancor nostri ed impediscono agli Austriaci d’unirsi fra i loro corpi diversi e già quasi tutti dalle nostre armi decimati e sgominati

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La quarta giornata.
Quel giorno furono spediti tramite palloni aerostatici all’esterno delle mura di Milano degli appelli del seguente tenore:

A TUTTE LE CITTA’ DEL LOMBARDO-VENETO. Milano vincitrice in due giorni, e tuttavia quasi inerme, è ancora circondata da un ammasso di soldatesche avvilite, ma pur sempre formidabile. Noi gettiamo dalle mura questo foglio per chiamare tutte le città e tutti i Comuni ad armarsi immediatamente in Guardia Civica facendo capo alle Parrocchie, come si fa in Milano, e ordinandosi in Compagnie da 50 uomini, che si eleggeranno ciascuna un comandante e provveditori per accorrere ovunque la necessità della difesa impone. Ajuto e Vittoria. W L’ITALIA, W PIO IX

Nella giornata arrivò una notizia importante: il re Carlo Alberto sarebbe intervenuto se si fosse dichiarato il Governo Provvisorio. Intanto gli insorti concentrarono il loro impeto per aprirsi un varco nella cerchia muraria a Porta Tosa per poter comunicare con l’esterno. Anche Radetzky scelse quel punto per potersi garantire la ritirata ormai imminente. Tanti gli episodi di eroismo: quel giorno cadde Augusto Anfossi poi sostituito al comando da Luciano Manara. Va ricordato anche Pasquale Sottocorno che pur essendo storpio uscì allo scoperto trascinando i suoi compagni ad incendiare un palazzo del Genio.



LA QUINTA GIORNATA: 22 MARZO

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Porta Tosa a Milano diventa Porta Vittoria.

Oh giorno memorabile, ultimo della nostra schiavitù, la tua memoria occuperà la più bella pagina della storia d’Italia!


E’ il giorno finale, l’assalto di porta Tosa (ora Porta Vittoria dove è stato eretto il monumento alle Cinque Giornate) si protrasse per tutta la giornata. L’impeto e il coraggio di Luciano Manara riuscì a trascinare i nostri sino a incendiare la porta da cui poterono entrare i rinforzi. Con il loro aiuto gli insorti riuscirono a impadronirsi di altre Porte mentre gli austriaci abbandonavano Milano.


Il nemico è in fuga da Milano. Diviso in due colonne, si dirige per Bergamo e Lodi. Si provveda quindi con ogni mezzo alla propria difesa, ed alla pronta distruzione dei resti di queste orde feroci



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