Museo Civico "Carlo Verri" Biassono
La vite e il vino in Brianza dai celti al D.O.C.

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IL VINO NELLA STORIA

La viticoltura intenzionale, che ha reso "domestica" la vite naturale, è iniziata con la selezione dei vitigni e l'introduzione della potatura circa nel 6000-5000 a.C. Tutte le antiche grandi civiltà si occuparono della coltivazione della vite e della produzione del vino.
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La raccolta dell'uva e la preparazione del vino in una pittura della tomba di Nakht. Sono raffigurati dei contadini che raccolgono l'uva da una pergola. I grappoli venivano trasportati in piccole ceste verso un grande recipiente quadrato dove si procedeva alla pigiatura. Si notano anche quattro grandi anfore vinarie sigillate con tappi di terracotta. XVIII dinastia (ca. 1425 a.C.).
Il clima dell’Europa protostorica (III-I millennio a.C.) era adatto alla coltivazione della vite, che era stata "domesticata" nell’area mediterranea da tempi immemorabili, ma che venne introdotta molto tardi, soprattutto dai Romani.
Il clima nell’Europa romana era simile a quello attuale: permetteva la coltivazione della vite fino al Canale della Manica ed anche nel sud della Gran Bretagna (dove ora il riscaldamento del globo permette il ritorno della vite), in Francia, in Germania, nel sud della Polonia, in Ungheria, sulle coste del Mar Nero e in Crimea, in Georgia, ecc.. Prima dell’introduzione del vino, i popoli che abitavano a nord delle Alpi preparavano e bevevano altre bevande fermentate, specialmente idromele (miele diluito in acqua), sidro (mele fermentate), ecc. Bevande ancora oggi diffuse e consumate, come la birra, che era prodotta, con diverse modalità, fin dai tempi più antichi, praticamente in tutto il mondo, come, ad esempio, nell’Egitto dei Faraoni.

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Giocatore di Kottabos in una raffigurazione attica a figure rosse sul collo di un'anfora. 510 a.C. circa, da Vulci. Museo del Louvre, Parigi.
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Coppa (kylix) a figure nere di Exekias con la navigazione di Dioniso su una barca a vela; l'albero dell'imbarcazione fiorisce come un tronco di vite, i cui grappoli si espandono intorno. 540 a.C. circa. Monaco, Antikensammlungen.
In Grecia il vino era considerato uno dei prodotti più importanti per l'uso comune e per l'esportazione, oltre ad essere usato per i riti, per le libagioni e per il culto di Dioniso (Bacco per i romani, figlio di Zeus-Giove e di una donna mortale, Semele. E' la divinità della forza produttrice della natura e della trasformazione, come l'uva che fermenta e si trasforma nel vino. Era il dio dei grappoli della vite, dell'ebbrezza e dell'ispirazione mistica). Il vino greco, allora come oggi, veniva aromatizzato con la resina. Bere vino, simbolo di indiscusso prestigio sociale, era per gli antichi greci un rito collettivo. Il re del banchetto era il symposiarca, maestro della cerimonia, che stabiliva le regole della festa. I partecipanti al simposio (sympinein – bere insieme), si intrattenevano con vari passatempi: indovinelli, scherzi o giochi. Uno di questi è il kottabos, diffusissimo gioco di abilità, che consisteva nel colpire un bersaglio - piattelli collocati su un'asta di bronzo (kottabos kataktos) o piccoli vasi galleggianti in un vaso più grande (kottabos en lekanei) - con le ultime goccie di vino rimaste nella coppa (kylix). La kylix veniva appoggiata sul polso e agganciata con il dito indice. La proiezione del liquido era accompagnata da un calibrato gesto di lancio detto ankilé.
Molto presto la vite giunse con i greci nell’attuale Provenza e nell’area Marsiglia e venne alquanto apprezzata dai celti e dai celto-liguri.

Presso di loro, nel VII-VI secolo a.C., divenne una bevanda rituale inebriante, che veniva assunta collettivamente, in termini cerimoniali e religiosi.
Si giungeva volutamente all'ubriachezza, che era intesa come una via per l'estasi e per accedere al "divino".
Vi fu quindi un attivo flusso di importazione di vino dal Sud al Nord: nel mondo celtico troviamo anfore vinarie che giungevano dai luoghi più lontani. Ma dal mondo greco, soprattutto con il tramite del mondo etrusco, giungevano i rituali nei quali il vino veniva bevuto, e i recipienti per prepararlo. Molto presto i Celti fabbricarono brocche in metallo e in ceramica, spesso di grande bellezza, con la medesima funzione. Forse furono proprio i celti ad inventare la "botte", per la fermentazione del mosto e la conservazione del vino.
Le fonti attribuiscono al desiderio di raggiungere i paesi dove veniva prodotto il vino, la discesa dei Celti in Italia alla fine del V secolo a.C. In quell'occasione il celta Brenno conquistò Roma.

Ben presto infatti iniziò la coltivazione della vite, anche nelle zone dove non erano ancora giunti i Romani (grandi produttori di vino). Così nel III secolo a.C. nei terreni sabbiosi della Lomellina e nelle aree prealpine, quindi anche nella nostra Brianza, si ebbero le prime vigne. In questo periodo venne inventato un vaso a forma di "trottola", senza manici, progenitore dei nostri fiaschi.
Probabilmente si trattava di vino bianco, con vitigni importati dall'Italia centrale e dalla toscana. Certo era un vino leggero, da consumarsi giovane, difficile da trasportare, che veniva conservato senza additivi.

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Rilievo con riproduzione di un barcone carico di botti di vino tirato con corde da uomini. Barca manovrata a poppa da un timoniere.
La conquista romana significò una straordinaria diffusione della cultura della vite, fino all'Inghilterra (la Britannia), con una organizzazione di trasporto via mare molto sofisticata. Le anfore viaggiavano su nave, con stivaggi specializzati, che condizionavano la forma dei recipienti. La produzione del vino, con anfore di forma specifica per i vari prodotti, rappresentava una delle più importanti attività economiche del mondo romano. L'ubriachezza, ormai non più considerata rituale, era diffusissima, una vera piaga sociale.

Con il cristianesimo il vino divenne indispensabile per la celebrazione della Messa. Il vino si trasforma nel sangue di Cristo. Ciò restituì al vino e alla vite un significato simbolico importantissimo: il vino è fonte di vita e compare nelle rappresentazioni dipinte e scolpite paleocristiane e medievali, specie nelle fronti dei sarcofagi. Attraverso l'Eucarestia, quindi con il pane e il vino, l'uomo raggiungeva la salvezza.
Non solo. Il collasso dei sistemi di distribuzione dell'acqua potabile (con il taglio degli acquedotti romani) costringeva le popolazione delle aree di pianura, anche in Italia settentrionale, a bere acqua di pozzo, che d'estate era spesso inquinata. Quindi i monaci, come i benedettini nell'altomedioevo (dal VI-VII secolo) dissodarono le pianure, coltivavano la vite e producevano il vino, sia per la messa, sia per assicurare una bevanda sicura e "sterilizzata" alle popolazioni, che stavano ritornando nelle pianure.

"Beviamo! Perché attendere i lumi?
Il giorno vola.
Prendi le coppe grandi
variopinte, amico.
Il vino! Ecco il dono dell'oblio
Del figliolo di Sèmele e di Zeus.
E tu versa, mescendo con un terzo due terzi,
e le coppe trabocchino,
e l'una e l'altra spinga".


Il greco Alceo VII sec. a.C.


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